CASS.CIV.SENTENZA N. 25726 del 5/12/2014 - Danno da riduzione della capacità lavorativa (in www.italgiure.giustizia.it)

Data pubblicazione: Dec 25, 2014 9:53:21 PM

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MASSIMA

Il danno da riduzione della capacità di lavoro, sofferto da persona che - come la casalinga - provveda da sé al lavoro domestico, costituisce una ipotesi di danno patrimoniale, e non biologico. Chi lo invoca ha, pertanto, l'onere di dimostrare che gli esiti permanenti residuati alla lesione della salute impediscono o rendono più oneroso (ovvero impediranno o renderanno più oneroso in futuro) lo svolgimento del lavoro domestico; in mancanza di tale dimostrazione nulla può essere liquidato a titolo di risarcimento di tale tipologia di danno patrimoniale.

http://www.personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=46730&catid=75&Itemid=319&mese=12&anno=2014

Ancora con riferimento al risarcimento del danno per perdita della capacità lavorativa si segnala la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, Sez. III Civile, n. 25276/14. Parte attrice affermava di aver subito gravi lesioni a seguito dell’incidente cagionato dalla manovra di un camion e pertanto agiva per il risarcimento del danno. Tale danno peraltro veniva liquidato a seguito del riconoscimento della prevalente responsabilità del conducente del camion investitore; quest’ultimo ricorreva dunque per Cassazione per veder riformata la sentenza di condanna. Gli Ermellini, in primis, rigettavano il ricorso principale, ribadendo il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui il Supremo Collegio è chiamato a pronunciarsi su questioni di diritto, non potendo entrare nel merito delle scelte decisionali e della ricostruzione effettuata dai giudici di prime cure. Pertanto, salvo la sussistenza di vizi motivazionali, tutte le censure volte a riesaminare il merito della vicenda andranno rigettate. In secundis, la Suprema Corte affrontava le domande poste in via incidentale dalla vittima del sinistro intese ad ottenere il risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa (nel caso di specie, la richiedente lavorava come casalinga) e del danno cd. esistenziale. Quanto alla prima voce di danno, il Giudice delle Leggi rileva come il risarcimento del pregiudizio richiesto attenesse alla sfera del danno patrimoniale e non al danno biologico e dunque dovesse essere data la prova della menomazione, della maggiore difficoltà ad attendere alle precedenti occupazioni e la perdita di chance lavorative per effetto delle lesioni patite. Ora, sebbene non sia esplicitato, è evidente il richiamo alla perdita di capacità lavorativa specifica che senz’altro comporta uno stringente onere della prova in particolare sulla effettiva diminuzione del reddito e sulla correlazione causale tra la diminuzione e la menomazione fisica. Non è dato tuttavia sapere in merito alla valutazione della perdita di capacità lavorativa generica che, viceversa, incide in termini di personalizzazione del danno biologico, implicando non tanto un danno patrimoniale, quanto piuttosto un maggior sforzo nel compiere operazioni afferenti l’attività lavorativa prima svolte agevolmente. Infine, la Suprema Corte affronta la richiesta di danno esistenziale, esprimendosi per la sua non risarcibilità alla luce dei principi più volte ribaditi che negano l’autonomia di detta voce di danno che andrà pertanto ricompresa nella categoria più ampia del danno non patrimoniale.